Allontanare il malocchio.
Antonietta 01/03/2015Ci sono stati, nei secoli, molti riti che, opportunamente eseguiti, da persone ritenute capaci, hanno avuto il potere di allontanare il malocchio. In genere, erano praticati su persone ma qualcuno, nel profondo Cilento come sulle colline del salernitano, era capace di praticarli anche su cose. Il rito di questo racconto si è svolto sulle colline ricche di noccioli di Giffoni Valle Piana, nei primi anni del ‘900, subito dopo la prima guerra mondiale; per rispettare la privacy dei protagonisti, i nomi sono stati cambiati.
Giuseppe riceveva sostentamento dai noccioli di un appezzamento di terreno, lasciatogli dal nonno paterno. Nonostante la cura che profondeva al terreno, negli ultimi anni non era riuscito a ricavarne abbastanza per sfamare la sua famiglia. In paese continuavano a ripetere che il terreno era maledetto e quando Giuseppe chiedeva spiegazioni, tutti si ritraevano, dandogli risposte elusive. Un giorno, lungo il sentiero che percorreva per andare al noccioleto, una donna molto vecchia con la testa coperta da una mantella con disegni strani, mai visti prima, gli si avvicinò chiedendo aiuto per camminare. Giuseppe le porse il braccio aiutandola e dividendo con lei il suo cibo; era solo una pagnotta di pane, qualche bacca e un po di formaggio; la vecchia che si chiamava Marta lo ringraziò e lo benedisse per la sua bontà. Giuseppe le rispose che aveva giusto bisogno di una benedizione, non tanto per se quanto per il suo terreno. La vecchia, che stava andando via, si fermò e gli disse che se voleva, lei poteva assicurasi che sul terreno non vi fosse stata calata una jettatura. Giuseppe, sempre scettico su cose di malocchio e fatture, ma stremato dallo scoramento, si vide fare un cenno di assenso. Quando arrivarono nei pressi del terreno, la vecchia si fermò e chiese a Giuseppe di mettersi con le spalle rivolte al suo terreno e di non aver paura per ciò che avrebbe visto o sentito da lì a poco. Per tre volte fece il segno della Croce sulla testa di Giuseppe, tre volte alla sua destra e tre volta alla sua sinistra; prese la roncola che Giuseppe portava sempre con se e la fece girare tre volte intorno a lui, tre volte alla sua destra e tre volte alla sua sinistra, pronunciando ” chista è na runculata, pé ogni male na struncata” parole che Giuseppe non riuscì a comprendere che suonano più o meno così “questa è una roncolata, per ogni male una stroncata”. Dopo un tempo che sembrò lunghissimo, la vecchia toccò il braccio di Giuseppe che aprì gli occhi, stupito di averli chiusi e di ricordarsi solo un silenzio pesante e carico di qualcosa che non seppe definire. Gli disse che effettivamente su quel terreno gravava un anatema che una ragazzina aveva pronunciato; molti anni prima, durante la guerra, era stata trascinata in quei luoghi e li aveva subito maltrattamenti e molestie, in seguito alle quali era deceduta. La vecchia gli raccomandò di pregare per la bambina e di avere fede che il terreno era sanato e liberato. Le stagioni di raccolta furono molto fruttuose e Giuseppe non dimenticò mai di pregare per quella bambina e ringraziare la vecchia Marta che lo aveva aiutato. Quando ho ascoltato questa che oggi capisco essere una testimonianza, ero tanto giovane da giudicarla una storia avvincente, come quelle che mia madre mi raccontava spesso, davanti al fuoco; la vecchia era davvero molto vecchia ed era venuta a trovare mia madre. Quando Marta mi abbracciò per salutarmi, mi pose una mano sulla testa e mi disse alcune cose belle che mi sarebbero successe nella vita, sorridendo. Sono passati molti decenni da allora e a volte mi rammarico di non averle chiesto quanti anni sarei vissuta. A pensarci bene… ne sono contenta.
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