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Facciamo il Pane?

Antonietta 09/06/2013

Prima di fare il pane parliamone un po, giusto per avere una … infarinatura sull’argomento. Sappiamo bene che l’uomo da diecimila anni circa si nutre di pane nelle sue varie forme e che i popoli del Mediterraneo impararono a coltivare il grano e a macinarlo per cibarsene e successivamente anche a cuocerlo su pietre roventi.
Le testimonianze storiche ci raccontano che furono gli Egizi i primi panificatori della storia, a loro si deve la costruzione del forno a volta per la cottura del pane e la scoperta che, lasciando riposare l’impasto un po di tempo, esso risultava più soffice e fragrante dopo la cottura: avevano scoperto la lievitazione naturale!
Ai Greci si deve il perfezionamento della panificazione con aggiunta di spezie, latte e miele in moltissime varietà di pani. Furono loro che istituirono i forni pubblici per la cottura del pane mentre i Romani diedero ai cittadini dell’impero i forni e regole precise per il loro uso. Dopo opposte vicissitudini, durante il Medioevo la panificazione ebbe grande sviluppo ad opera di panificatori europei con l’introduzione del lievito. Nelle piccole comunità d’Italia, nei primi anni della seconda metà del 20° secolo, si poteva vedere ancora il forno comunale al centro del paese dove si andava a cuocere  il pane; erano tempi in cui si chiedeva in prestito il panetto lievitante che era stato conservato dall’impasto precedente che sarebbe stato restituito per l’impasto successivo.

La farina.
Tutti i cereali che possono essere macinati sono adatti ad essere trasformati in farina. Naturalmente il frumento è il preferito per fare la pasta e il pane ma anche i cereali cosiddetti minori (avena, orzo, segale, miglio, grano saraceno, farro, mais, riso,…), sono adatti allo scopo purché mescolati con il frumento, in percentuali variabili.

In questo articolo non parleremo dei vari strumenti che determinano le qualità della farina (alveografo Chopin, farinografo di Brabender, …) ma solo di alcune informazioni che possono servirci per poter scegliere la farina adatta per la preparazione che vogliamo realizzare.

Vi sono 2 varietà di frumento:

  • grano duro, Triticum durum che ha chicchi duri, vitrei, dal quale si ricava la farina di semola adatta alla pastificazione;
  • grano tenero, Triticum aestivum che ha chicchi morbidi e farinosi, dal quale si ricava la farina di grano tenero, nelle sue  5 classificazioni, in base alla quantità di ceneri residue e quindi di sali minerali in essa presenti.

Classificazioni della farina di grano tenero:

  1. farina tipo 00 con ceneri residue fino a 0,55 %
  2. farina tipo   0 con ceneri residue fino a 0,65 %
  3. farina tipo   1 con ceneri residue fino a 0,80 %
  4. farina tipo   2 con ceneri residue fino a 0,95 %
  5. farina tipo integrale con ceneri residue da 1,30 % a 1,70 %

Le sigle “misteriose”.
Sono quelle difficili da  trovare sulle confezioni di farina in vendita nei negozi infatti solo alcuni mulini specificano le qualità della farina rispetto al suo utilizzo nella  panificazione, e in generale solo su confezioni da 5 o più chili.

  • W: è la sigla che indica la forza della farina, la sua capacità di tenere la lievitazione per un lungo tempo.

Debole: fino a W 170 la farina viene considerata debole, adatta a lievitazione di biscotti e dolci in generale.
Media: oltre W 170 e fino aW 270, la farina viene considerata media, adatta alla panificazione di formati particolari di pane e pizza.
Forte: oltre  W 280 e fino a W 350, la farina è considerata forte.  Viene utilizzata per tutte le preparazioni che hanno tempi lunghi di lievitazione.
Speciale: oltre W 350,  la farina è  considerata  speciale, adatta ad essere aggiunta alle farine deboli per rinforzarle o per particolari preparazioni.

  • P: è la sigla che indica la resistenza, la tenacità dell’impasto alla manipolazione e allo stiramento.
  • L: è la sigla che indica la flessibilità, l’allungamento che può sopportare l’impasto.

Il lievito.
Ci sono 3 tipi di lievitazione dell’impasto:

  1. chimica: con aggiunta di agenti lievitanti di origine chimica all’impasto, in genere sono usati in pasticceria;
  2. fisica: con incorporamento dell’aria nell’impasto durante la lavorazione ad opera dell’impastatrice;
  3. biologica: con aggiunta di microrganismi unicellulari Saccharomyces cerevisiae.

Quello che si usa  (quasi sempre)  per la panificazione,  è un microrganismo ( Saccharomyces cerevisiae) che respira, si nutre e si riproduce, quando viene aggiunto al miscuglio di acqua e farina trasforma gli zuccheri in alcool etilico e anidride carbonica che viene trattenuta dal glutine presente nella farina, permettendo così il rigonfiamento e la lievitazione dell’impasto.

Il lievito naturale o lievito madre è un prodotto molto particolare, si ottiene dopo una lunga e delicata preparazione e  molti passaggi  che consentono  la produzione di una buona  pasta lievitante; con l’aiuto del nostro consulente abbiamo provveduto  a registrare i tutorials,  che potrete utilizzare per la vostra preparazione  del lievito madre.

Il sale.

Aggiunto all’impasto del pane favorisce la sua conservazione oltre ad insaporire il prodotto finito; ricordate che se viene aggiunto all’inizio della lavorazione dell’impasto rende bianca la mollica e croccante la crosta; se il sale viene aggiunto a metà della lavorazione dell’impasto darà al pane un colore più grezzo e mollica più rustica. Ricordate che il sale non deve mai avere contatto diretto con il lievito perché ne inibirebbe la fermentazione.

L’acqua.
Esercita molte funzioni importanti sui componenti dell’impasto per prodotti da forno, per esempio sul sale esercita l’azione di dissoluzione.  Anche l’acqua può diversamente influire sul prodotto finale, in base alla sua durezza;

  • acqua dolce: potrebbe dare un impasto molle e colloso, in questo caso, meglio aggiungere un po di sale in più all’impasto;
  • acqua dura: potrebbe dare un impasto duro e poco elastico, di difficile manipolazione.

La panificazione.
Ci sono molti metodi per fare il pane, in Italia ne sono riconosciuti tre.

  • Diretto: si uniscono gli ingredienti allo stesso tempo e si impasta.
  • Semidiretto: si impastano gli ingredienti con una piccola quantità di impasto prelevato dalla produzione  precedente     ( pasta di riporto).
  • Indiretto: l’impasto si sviluppa in 2 fasi:
  1. la prima fase prevede un impasto asciutto (biga ) o molto molle ( poolish) con acqua, farina e lievito,
  2. la seconda fase prevede l’aggiunta degli altri ingredienti, per completare l’impasto.

Biga.
E’ un pre impasto  asciutto, si usa per le preparazioni che hanno un tempo di lievitazione da 12 a 48 ore per le quali vengono utilizzate farine forti ( W 300 o maggiore) che, come abbiamo detto, sono adatte per impasti che hanno lunga lievitazione.

Poolish.
E’  una pastella molto molle  di acqua, farina e lievito che  una volta fermentata si aggiunge agli altri ingredienti dell’impasto finale che variano in funzione del tipo di panificazione e del tempo di lievitazione richiesto.
Di seguito trovate le dosi per  impastare  1 chilo di farina comune, con il metodo poolish;

  • 1 ora di fermentazione 10 grammi di lievito, 480 ml di acqua, 300 grammi di farina,
  • 2 ore di fermentazione  6 grammi di lievito, 480 ml di acqua, 300 grammi di farina,
  • 3 ore di fermentazione 4 grammi di lievito, 480 ml di acqua, 300 grammi di farina,
  • 4 ore di fermentazione 3 grammi di lievito, 480 ml di acqua, 300 grammi di farina,
  • 8 ore o più di fermentazione 1 grammo di lievito, 480 ml di acqua, 300 grammi di farina.

Trascorso il tempo, aggiungete  il resto della farina e lavorate l’impasto; a metà lavorazione, aggiungete anche  15 – 20 grammi di sale sciolto in 20 ml di acqua (e olio  o altri ingredienti) e lasciate lievitare coperto, in un posto tranquillo, il forno spento andrà bene.

In linea di massima la temperatura dell’impasto non deve mai superare i 24°.

In questi articoli, sono descritti alcuni metodi di impasto,  adatti a fare pane, pizza e dolci, da cuocere nel forno di casa.

Le dosi per la panificazione variano in base al tipo di pane che si vuole realizzare, al tipo di farina che si utilizza e molte altre variabili  di seguito  esposte che non sono funzionali alle nostre necessità posto che: non abbiamo un forno industriale, non abbiamo una camera fermabiga, non abbiamo una camera di fermentazione e non abbiamo una panetteria. Infatti la temperatura ambiente, l’umidità, la qualità della farina, la quantità delle proteine presenti nella farina, l’acqua,  … e potrei continuare, sono fattori che possono modificare il risultato ma questo non deve essere un ostacolo, la lievitazione è una storia che rispetta sempre le stesse regole, poche per carità, il resto è esperienza diretta che cresce ogni volta che decidiamo di fare il pane o la pizza a casa.
Adesso  che avete letto questo articolo ne sapete quanto ne so io ( certo non molto)  e visto che non siamo panificatori dopo la teoria procederemo con la pratica che  ci darà la possibilità di  scoprire la nostra personale tecnica di panificazione in casa. Per fortuna lo faremo  con l’aiuto del nostro esperto.

Comments (10)

  1. grazie mille per queste spiegazioni sul pane…sul tipo di grano e anche sui perché delle cose, a me piacciono i perché, grazie

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  2. Beh, che dire, ho appena lasciato un commento sul mio Blog con link a questo post… anche per ringranziare pubblicamente i visitatori del blog… grazie ragazzi!

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  3. Avete davvero un blog ben fatto! Sareste disponibili per uno scambio di post? intendo guest blogging… ho un blog che tratta di argomenti simili, vi ho inviato una mail per scambiarci i dati. Grazie ancora!

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  4. Bell’articolo! È vero che è difficile trovare le indicazioni della forza sulle confezioni della farina. Pensi che il guardare il contenuto di proteine possa essere un’alternativa? Per esempio l’indicazione di 13g di proteine posso interpretarla come indice di farina forte?

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    • La tua farina, con 13 grammi di proteine, può essere considerata medio/forte, con un W vicino a 280, essa infatti è sul limite della classe delle farine forti. Sicuramente rappresenta una valida alternativa per la scelta; ricorda comunque che a volte le proteine vengono aggiunte alla farine, senza per questo inficiarne la qualità. Grazie per il complimento.

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